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Milk and Honey di Rupi Kaur - Latte, miele e spine

  • Immagine del redattore: Spazio Eclettico
    Spazio Eclettico
  • 15 ago
  • Tempo di lettura: 7 min
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Questo è il viaggio della sopravvivenza tramite la poesia questo è il sangue sudore lacrime di ventun anni questo è il mio cuore nelle tue mani questo è il ferire l'amare lo spezzare il guarire

Ci sono libri che ti si appiccicano addosso, proprio come il miele.

Non si sfogliano soltanto le pagine in un pomeriggio qualunque di Agosto. Si respirano. Si abitano. Si sudano con il vano tentativo di espellerne le parole.

Milk and Honey di Rupi Kaur è uno di quei libri.

Inizialmente pensavo fosse un libro semplice, con qualche frase instagrammabile, insomma...un libro leggero. Quei libri che stanno bene su un comodino di legno, con vicino una tazza di tè e un mazzolino di lavanda appena raccolto.

Col cazzo.

La raccolta di poesie Milk and Honey è un corpo. Un corpo che trema, che soffre, che si spezza e poi si ricompone.

Lo leggi e ti accorgi che non parla solo dell'autrice. Non parla solo di amore, inteso come sentimento addolcito e a tratti stucchevole.

Parla anche di te, delle tue ferite, delle tue lotte. Del tuo corpo che ha memoria anche quando vorresti dimenticare. Parla di violenze, abusi, genitori assenti, la difficoltà di conquistare quell'amore tanto agognato: l'amore per e con se stessi.

Il trauma si è seduto accanto a me prendendo appunti come se volesse raccontare la mia storia meglio di quanto potrei fare io

Quante volte il trauma si comporta così? Ti segue, ti spia, fa muovere la tua identità come se fosse il suo scheletro. Ti condiziona in ogni mossa e reazione. Ti insegna che il tuo corpo, i tuoi confini, non valgono niente. Che non puoi riscrivere la tua storia e te stessa, poichè, ormai, sei destinata a rivivere tutto, persa in un loop da cui non riesci ad uscire.

Tu cerchi di scrollartelo di dosso, ma resta lì, incollato alla pelle come una sanguisuga che si nutre del tuo sangue.


Se avessi saputo com'è fatta una cosa sicura avrei passato meno tempo a cadere tra braccia che non lo erano

The Hurting - Le ferite incise nella carne


La prima sezione del libro, The Hurting, è una lama affilata. Qui il corpo non è rifugio: è una scena del crimine. The Hurting è un teatro degli orrori che non rassicura, non edulcora, ma racconta in modo spietato ed esplicito cosa succede quando il corpo viene violato da chi invece dovrebbe proteggerti.

come osi prendere qualcosa di così sacro e renderlo così sporco

Leggere questi versi significa, volenti o nolenti, ricordare. Significa tornare a quella sensazione precisa: quando non ti senti più tua. Quando la pelle non ti appartiene, e il silenzio diventa un muro.


Quando ho letto questi versi, ho pensato alla prima volta che ho sentito il mio corpo non come mio, ma come una carcassa putrida. Una stanza devastata.

E non importa quante docce fai, quanta pelle ti strofini fino a sanguinare: la sensazione resta.

Questa è la crudeltà dell’abuso. Non è solo ciò che ti fanno, è ciò che resta inciso dopo.

La vergogna, il disgusto, la voce che ti dice che sei stata complice, che non hai fatto abbastanza per fermarlo.

Ma Kaur ribalta questa logica: il corpo non è sporco. Sono loro ad averlo insozzato. La colpa non è tua. Eppure lo sai: il corpo continuerà a portare addosso quell’ombra e quel silenzio.


avevi tanta paura della mia voce che ho deciso di averne paura anch'io


The Loving – Illusione, respiro, rischio


Se The Hurting è la violenza e la perdita di sé, The Loving è il momento in cui credi di poter respirare. Ma è un respiro corto, quasi trattenuto. Perché dopo un trauma l’amore non è mai semplice. Non è mai leggero.

Il tuo corpo è un giardino, respira come se la tua vita fosse un fiore

Questi versi sembrano un invito a lasciarsi andare. Eppure, chi ha subito una ferita profonda sa che lasciarsi toccare non è mai naturale. Ogni carezza può diventare un campo minato. Ogni abbraccio può trasformarsi in gabbia.


In The Loving il corpo prova a ricostruirsi attraverso l’altro. È l’illusione che qualcuno possa colmare il vuoto, guarire le ferite. E in parte funziona. Perché quando ti senti guardata non come oggetto, ma come persona, il respiro cambia. Quando qualcuno ti dice “sei abbastanza così come sei”, almeno per un istante, le cicatrici smettono di pulsare.

Ce la metto tutta pur di capire come si possa riversare l'intera anima, il sangue e l'energia in qualcuno senza volere nulla in cambio


Ma The Loving è anche fragile. Perché ti espone al pericolo più grande: affidarti.

E se ti affidi nuovamente e poi vieni tradita?

C'è la voglia di sciogliersi tra le braccia di qualcuno e insieme il terrore che quelle stesse braccia diventino catene.

Per questo The Loving non va letto come lieto fine, ma come preludio. È il momento in cui credi di avercela fatta. Il corpo sembra tornato casa. Ti convinci che la tenerezza sia possibile, che il dolore sia alle spalle. Ma è solo un'illusione perché il trauma è ancora li, magari mezzo addormentato, ma pronto a riattivarsi.

Pensiamo che l'amore dopo il trauma possa lenire le nostre ferite e, invece, le fa pulsare ancora di più.


Il tuo nome è la più forte connotazione positiva o negativa in qualunque lingua, o mi accende o mi lascia dolorante per giorni


The Breaking - vetri rotti in camera da letto


Ed eccoci nel cuore nero del libro. The Breaking è la discesa più feroce, perché non ti spezza solo la violenza subita, ma anche l’amore che crolla. Dopo aver creduto di aver trovato rifugio, ti ritrovi di nuovo tra le macerie.

Ti senti come un vaso che non vale la pena ricomporre. Un vaso rotto che ha mandato a fanculo l'arte del kantugi.

La notte dopo che te ne sei andato mi sono svegliata così a pezzi che l'unico posto in cui riporli erano le borse sotto gli occhi

Questa è un’altra ferita invisibile: essere guardata solo per ciò che rappresenti agli occhi degli altri. Essere amata non per ciò che sei, ma per la funzione che assolvi nei confronti di qualcuno. E allora ti chiedi: chi sono, se non il riflesso di aspettative che non ho mai scelto?


Questa sezione è il terremoto silenzioso del libro. Non parla più di violenza visibile: basta lo sguardo. Basta la riduzione a oggetto, l’ennesima parola che ti inchioda a una categoria.

E parla anche di dipendenza affettiva e del bisogno spasmodico e angosciante di essere amata. Ma siccome sei a pezzi, come puoi trovare un amore sano, che ti veda per ciò che sei nella tua interezza?

L'autrice è brillante nel trasmettere questa angoscia senza scivolare nelle spiegazioni. Riesce a restituirci proprio quella sensazione. dove non c'è un Io intero ma frammentato, che cerca negli altri la soluzione, la salvezza, l'antidoto al proprio dolore.


The Breaking è stato il tempo in cui ho dovuto indossare maschere. A sembrare integra mentre ero una ferita aperta su cui versavano sale. È stato il tempo in cui il corpo era funzionale, ma non più mio. Come una casa devastata: i muri stavano in piedi, ma dentro c'erano solo macerie.

È lì che impari la sopravvivenza. Che il corpo può andare avanti anche senza la mente. Che puoi ridere a cena con gli amici mentre la gola è stretta in una morsa gelida.

Per questo questa sezione è così potente: perché chiunque abbia subito una ferita profonda sa che il vero dolore non è il colpo iniziale, ma quello che resta dopo, l’eco che non smette di risuonare. I pezzi di vetro sparsi sul pavimento e tu che ci cammini sopra.


Non so cosa si provi ad avere una vita equilibrata. Quando sono triste più che piangere scroscio. quando sono allegra più che sorridere riluco. Quando sono arrabbiata più che urlare avvampo. Il bello degli estremi emotivi è che quando amo metto loro le ali. Ma forse non è poi un bene visto che tendono sempre a mollarmi. E dovresti vedermi quando ho il cuore infranto. più che affliggermi vado in mille pezzi.


The Healing - accettare la propria pelle


Dopo la ferita (The Hurting), l’amore fragile (The Loving) e la frattura (The Breaking), arriva The Healing, la guarigione. Non è un ritorno all’innocenza. Non c’è un lieto fine hollywoodiano. Non c’è un'esistenza nuova, immacolata. Nessuna fenice che rinasce dalle proprie ceneri. Ci sei, tu, il tuo passato, il tuo presente e i tuoi sogni. e, soprattutto, cosa cazzo vuoi farne di tutto ciò.

Fai pace con la pelle che abiti, è la casa che avrai per sempre

Questo è il punto di svolta. Il corpo non è più nemico, diventa casa. Ed è qui che ti rendi conto che la poesia di Kaur non parla solo di dolore: parla di Resistenza.

io non sono ciò che mi è successo, sono ciò che scelgo di diventare

Non sei il trauma. Non sei la violenza. Non sei l'abbandono. Non sei le parole che ti hanno spezzata. Sei le scelte che fai dopo, i passi che percorri, la pelle che decidi di abitare.

Ma guarire non è come nei film. Guarire è sporco, è nuotare nella propria immondizia cercando di non affogare. Nessuno a parte te stessa può compiere questo lavoro.

Guarire è un lavoro full- time in mezzo alle macerie. Guarire è ricomporre quel vaso rotto ma che non sarà mai uguale. Guarire è scavare dentro te stessa e raccogliere i vetri a mani nude, tagliandoti e sanguinando.

Non esiste una ricetta, un farmaco, una parolina magica. Se vuoi guarire, abitare la tua pelle, reinventarti, devi sguazzare nella tua merda.

Non c'è nulla di poetico nella guarigione, ma è possibile,


Devi instaurare una relazione con te stessa prima di chiunque altro

Il corpo come atto di resistenza


Milk and Honey non è un libro che consola. È un libro che ti strappa la pelle e ti obbliga a ricucirtela addosso. Non parla solo di Rupi Kaur: parla di te, di me, di chiunque abbia inciso sul corpo una storia che non ha scelto.

E allora la domanda è brutale: quanto coraggio hai di guardare le tue cicatrici ?

Quante volte hai finto di essere intero solo per non spaventare chi ti sta accanto?

Quante volte hai ridipinto le tue crepe di bianco, come se bastasse a cancellarle?

Perché la verità è questa: la pelle non mente. Puoi coprirla, puoi imbellettarla, puoi ignorarla, ma continuerà a gridare la tua storia.

E allora dimmi: sei disposto a restare dentro il tuo corpo, anche quando brucia come una prigione? Sei pronto a non chiedere più scusa per le cicatrici che porti addosso?

O preferisci continuare a chiamarle difetti, a lasciarle marcire sotto il silenzio, e a dire "io sono fatto così"?

Milk and Honey non ti dà risposte. Ti lancia un coltello in mano e ti chiede: vuoi usarlo per tagliare via pezzi di te, o per incidere il tuo nome sulla tua pelle, una volta per tutte?



Soprattutto ama come se fosse la sola cosa che sai fare. Alla fine tutto questo non conta nulla. Questa pagina su cui indugi la tua laurea, il tuo lavoro, il denaro nulla ha importanza, tranne l'amore e il contatto umano. Chi hai amato e con quanta profondità l'hai amato. Il modo in cui hai toccato la gente intorno a te e quanto le hai dato.


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