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Anaïs Nin e Henry Miller: scrivere, amarsi, perdersi

  • Immagine del redattore: Spazio Eclettico
    Spazio Eclettico
  • 6 lug
  • Tempo di lettura: 4 min

Sesso, parole e lettere come strumenti di sopravvivenza


Quando la scrittura salva più dell'amore


Ci sono storie d'amore che ti scarnificano.


Storie che ti marchiano a fuoco sulla pelle, non tanto per quello che accade, ma per ciò che smuovono dentro.


Io ne ho vissute, alcune più carnali, altre puramente mentali. Tutte mi hanno insegnato qualcosa, ma solo una mi ha fatto scrivere come se stessi sanguinando sulla pagina.


Per questo la relazione tra Anaïs Nin e Henry Miller mi ha sempre attratta. Per quello che hanno osato vivere, raccontare e scrivere. Senza filtri e senza la paura del giudizio esterno.


Perché scriversi così tanto, così visceralmente, così crudelmente, è come spogliarsi in pubblico e camminare per la cittá, scalzi e senza nulla con cui coprirsi.

È un atto di devozione e violenza. Un modo per esistere attraverso l'altro. E solo chi ha desiderato qualcuno così tanto da annullarsi può comprendere la loro relazione e i loro scritti.



Quando la parola è carne viva


C'è una fame interiore che non si fa bastare la carne. Che ha bisogno della carta, dell'inchiostro, della ferita incisa sulla pagina. Così fu tra Anaïs Nin e Henry Miller. Un amore che non poteva consumarsi solo nei corpi, e forse neppure nei gesti. Doveva essere raccontato, deformato, scavato. Doveva farsi lettera.


Lei, Anaïs, aveva già iniziato a scrivere il suo diario a undici anni, dopo l'abbandono del padre. Scrivere era già un atto di sopravvivenza, una cura contro il silenzio. Ma con Henry diventò ossessione, detonazione, svelamento.


Lui era il ragazzo di Brooklyn. Libertino, ruvido, carnale. Lei, la signora elegante con la mente tagliente e la pelle affamata di senso. Si incontrarono a Parigi nel 1931. E da allora iniziarono a scriversi come si fa l'amore: con febbre e lucidità, con disperazione e tenerezza.



Lettere come orgasmi ritardati


Le loro lettere non erano messaggi: erano atti sessuali ritardati, masturbazioni a distanza, confessioni impudiche.

Anaïs si apriva come solo con la penna sapeva fare. Henry rispondeva con lo stesso furore.


Le parole erano liquido seminale e umori vaginali che si mescolavano. C'è tutto nei loro scritti: desiderio, rabbia, abbandono, dominio, vulnerabilità, sogni.


Anaïs, sei stata tu a dare il via allo scorrere della linfa." (Henry, 6 marzo 1932)

Io ti appartengo! Avremo una settimana come mai ce la siamo sognata. Voglio sentire ancora il tumultuoso pulsare dentro di me, il sangue impetuoso, ardente..." (Anaïs, da Achensee, 6 agosto 1932)

Cara Anaïs, ti amo pazzamente, pazzamente... Sei diventata una parte così vitale di me che sono completamente sottosopra. Ti devo avere esclusivamente, furiosamente, possessivamente..." (Henry, 7 giugno 1932)

Le loro lettere sono pagine di sesso e confessione, di pura ossessione carnale. Dove il desiderio è sempre anche desiderio di esprimersi totalmente.



Psicoanalisi, incesto, scrittura: Anaïs Nin come detonazione


Questo diario è il mio kief, il mio hashish, la mia pipa d’oppio. È la mia droga e il mio vizio. Invece di scrivere un romanzo, mi sdraio con questo libro e una penna e indulgo in rifrazioni e diffrazioni. (Anaïs Nin)

Anaïs Nin è stata molto più di una scrittrice erotica. Era una creatura mitologica: donna, psicanalista, attrice della propria vita, voyeur di se stessa. Nei suoi diari racconta anche il rapporto incestuoso con il padre, non per scioccare, ma per liberarsi. Credeva davvero che per disfarsi dei propri fantasmi fosse necessario possederli.


Papà diceva che ero brutta. [...] Ricordo la gioia innaturale che provai quando mio padre mi scrisse un bigliettino qui a Parigi che incominciava con: 'Mia jolie'. Non ho mai ricevuto amore da lui.

Con Henry trova invece lo specchio. Lui la guarda, la legge, la corregge. Lei lo plasma, lo guida, lo ama. Gli regala le parole per Tropico del Cancro. Lui le dona lo spazio dove essere se stessa, prima che la società la uccida di nuovo.



L'evoluzione: da passione a disillusione



Quando ho incontrato Henry alla stazione [...] il suo abbraccio in albergo non ha suscitato alcuna emozione in me [...] Adesso ero con Henry. E per la prima volta lo guardavo senza illusioni. Mi rendevo conto che la nostra sintonia era stata raggiunta grazie alla mia adattabilità.

La passione si spegne. L'amore si incrina. Anaïs cresce, si emancipa. Lui rimane Henry, vagabondo e bisognoso. Lei ha trovato la sua voce. Non ha più bisogno di essere completata, perché ha iniziato a bastarsi.


Ti comporti come un bambino, un bambino che non fa che chiedere, chiedere, chiedere, senza preoccuparsi mai di niente..." (Anaïs, ottobre 1934)

Alla fine, non si odiano. Si osservano da lontano. Si scrivono ancora. Ma non si appartengono più.



Anaïs oggi: una necessità per tutti e tutte


Sono una persona emotiva che comprende la vita solo poeticamente, musicalmente, nella quale i sentimenti sono molto più forti di qualsiasi ragione. Sono così assetata di meraviglia che solo lo straordinario ha potere su di me.

Leggere Anaïs Nin oggi è urgente. In un mondo che riduce la sessualità a performance, l'amore a dinamica di potere, e la scrittura a contenuto da scrollare su instagram, la sua voce è uno schiaffo. Anaïs è ancora scandalosa. Perché non chiede permesso. Non si censura. Non si accontenta di dire la verità: la taglia a pezzetti e con un coltello ci scava dentro.


Le sue lettere, i suoi diari, i suoi amori sono uno specchio crudo. Per donne che vogliono vivere interamente. Per uomini che vogliono ascoltare davvero. Per chi ha capito che scrivere, a volte, salva più dell'amore.


Ma per chi scriviamo davvero?


Mi chiedo spesso se, nelle relazioni più intense, scriviamo per l'altro o per salvarci da noi stessi. Anaïs ha fatto entrambe le cose.

Io, a volte, pure. Forse è questo il vero erotismo: la parola che si fa carne. Il desiderio che trova forma nel linguaggio. L'amore che sopravvive solo quando viene raccontato.


Andare sulla luna, non è poi così lontano. Il viaggio più lontano è quello all’interno di noi stessi.

E allora ti lascio con una domanda: se potessi scrivere una lettera che non verrà mai letta, a chi la indirizzeresti? E cosa ci metteresti dentro? Il tuo dolore più taciuto o il tuo desiderio più scomodo?


Perché la verità è questa: tutti abbiamo un Henry o un'Anaïs sepolti sotto la pelle. E forse, solo scrivendogli, possiamo finalmente capire chi siamo davvero.



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