
Amore liquido - Guida semiseria per sopravvivere al disastro relazionale dei nostri tempi
- Spazio Eclettico
- 5 lug
- Tempo di lettura: 6 min
Se ti è successo almeno una volta di:
Ricevere un messaggio lunghissimo alle 2:34 del mattino che inizia con “scusa se ti scrivo ora”,
portare avanti una relazione di otto mesi senza mai darle un nome,
essere mollato con un like passivo-aggressivo a una story ambigua...
... allora sì, complimenti: sei cresciuto (o sopravvissuto) nell’epoca dell’amore liquido. Quella di cui parlava Zygmunt Bauman, l’intellettuale dall’aria da nonno punk che capiva tutto prima di noi, pur senza un profilo TikTok.
Amore liquido: quello che ti scivola tra le dita ma ti lascia le mani appiccicose
Bauman non le mandava a dire: viviamo in una società dove anche i sentimenti hanno la data di scadenza. Non si sistemano, si cambiano. Non si coltivano, si consumano. Non si costruiscono, si aggiornano.
Come le app: partner in fase di aggiornamento, meno drammi, più engagement, zero manutenzione emotiva.
La paura dell’impegno è il riflesso della paura di non essere amati abbastanza
Siamo interconnessi più che mai ma nessuno si tocca (e si vede) davvero
Viviamo nell’epoca delle connessioni illimitate, eppure riusciamo a sentirci soli anche con 80 chat aperte. Parliamo in diretta con chiunque, ma se qualcuno ci guarda davvero negli occhi... panico: “Che faccio adesso? lo appendo al muro e lo limono o lo blocco su whatsapp prima che scopra che piango con "Male di miele" degli Afterhours?”
Vogliamo legami, ma leggeri. Presenza, ma senza peso. Intimità, ma non troppa. Non siamo più in grado di accettare la nostra vulnerabilità, perché l'altro è diventanto qualcosa di minaccioso, potenzialmente pericoloso.
Il grande nodo centrale dell'amore liquido, dice Bauman, risiede nella paura antica e primordiale della sofferenza. E a noi il dolore ci terrorizza, peggio di quel messaggio inviato alle tre di notte e lasciato con due spunte blu.
Amare significa accettare il rischio del dolore. Ma oggi vogliamo amore a prova di ferita. E quello non esiste
L’impegno è cringe
Ai tempi dei nostri nonni ci si sposava in bianco e si diceva “per sempre”. Poi vabbè le donne stavano rinchiuse in casa a cucinare e a pulire, ma questo è un altro discorso, o forse no. Grazie a dio la società è cambiata.
Noi adesso diciamo: “Non voglio etichette.” “Voglio vivermela.” “Non so cosa provo, ma quando esci con qualcuno d'altro vado in crisi.”
Bauman, dalla sua sedia da sociologo un po’ disilluso e cinico, ci osserva e sospira:
“Non è amore. È ansia da attaccamento mascherata da mindfulness relazionale
E via a tutte le varie teorie sull'attaccamento che ora vanno tanto di moda. Evitante, ansioso, disorganizzato... Traumatizzato. Bloccato.
E quindi ti ritrovi con la tua migliore amica a analizzare che tipo ti attaccamento ha persona X, quali potrebbero essere i suoi traumi infantili, nel vano tentativo di giustificare ciò che Bauman in Amore Liquido dice senza alcuna esitazione, facendoci sentire anche un po' stupidi. Ovvero che vogliamo a tutti i costi una connessione, ma temiamo ciò che l'intimità può comportare.
E quindi vai di ghosting, situationship, coppie aperte, poliamore, anarchia relazionale, non monogamia etica...
Tra l'altro, che cazzo è l'anarchia relazionale?
Preferiamo una libertà vuota a un legame pieno. Ma poi ci chiediamo perché ci sentiamo soli.
L’altro come una wishlist
Nel grande supermercato dei sentimenti, anche l’amore si scrolla. Giornata no? Apri Tinder. Il partner ti delude? Ricarichi l’autostima con la sezione “for you” di Instagram. Hai un pizzico di lucidità emotiva? Peggio per te. I sentimenti te li smazzi da solo.
Perché oggi l’altro è sempre sostituibile con una versione più cool, più chill, più “in vibrazione”. E tu? Rimani lì, a chiederti se vali abbastanza, mentre qualcuno ti scrive “ti amo” su WhatsApp… e poi cancella. E un altro ti chiama dopo sei gin tonic alle quattro del mattino per dirti che gli manchi.
La grande illusione del nostro secolo, come dice Bauman, è la sensazione di avere una scelta illimitata di persone da scegliere. Da cui attingere. Ma, appunto, è solo una fottuta illusione. E quindi viviamo costantemente in uno stato di privazione, perché la fuori, chissà dove poi, c'è di meglio, sicuramente. E la persona di fianco a noi perde di significato. Come se scegliessimo un divano da Ikea, insomma.
Amore è cura, pazienza e si, anche dolore. È mettersi in gioco. Far vedere le proprie crepe, i propri disagi, i propri difetti. E c'è tanta paura in questa società nell'ammettere di non essere perfetti.
La domanda che dovremmo porci non è tanto perché nessuno mi ama, ma io sono in grado di amare autenticamente?
L’amore non si consuma: si costruisce. Ma oggi nessuno ha voglia di usare le mani.”
Tutto liquido, tranne i sentimenti
Ci hanno fatto credere che più si è fluidi, più si è liberi. Peccato che, persi nei “non so”, nei “non è il momento”, nei “non voglio rovinare quello che c’è”, ci si ritrova emotivamente prosciugati.
Abbiamo trasformato l’amore in una reazione chimica instabile: basta un aumento di temperatura e... puff, tutto evapora.
Nel mondo liquido, anche l’amore deve essere facile da assemblare e semplice da smontare.
Ci hanno fatto credere che la leggerezza sia sinonimo di benessere. Che dire “lasciamo scorrere” sia più maturo che dire “voglio”. Che lasciare tutto in sospeso sia una forma evoluta di gestione delle emozioni.
E così ci muoviamo tra relazioni mai dette, sentimenti mai dichiarati, desideri tenuti a bada “per non complicare le cose”.
Ci rifugiamo nel "sei la persona giusta nel momento sbagliato”, nei “meglio non rovinare quello che c’è”.
Filosofia paracula da manuale di autodifesa sentimentale.
Peccato che, nel frattempo, ci svuotiamo.
A forza di limare, alleggerire, evitare, ci ritroviamo emotivamente disidratati, incapaci di dire cosa vogliamo davvero.
Abbiamo costruito relazioni così leggere che basta un soffio per farle sparire.
E poi ci chiediamo perché siamo sempre stanchi, emotivamente a corto, con quel senso di fame che non si sa da dove viene.
La verità?
Non è fluidità, è fuga.
Non è libertà, è paura travestita da evoluzione.
E forse, ogni tanto, essere un po’ densi, un po’ scomodi, un po’ chiari – fa meno male di quanto pensiamo.
E quindi, Bauman che cazzo vuole?
Bauman non ti dice di sposarti né di cancellare Tinder. Nemmeno di scopare con una sola persona per il resto dei tuoi giorni.
Ti dice che stiamo vivendo relazioni scollegate, che sembrano intense ma in realtà non ci nutrono.
Se vogliamo qualcosa di diverso, dobbiamo smettere di scappare ogni volta che arriva un briciolo di realtà. Dobbiamo smettere di temere l'abisso.
Perché l’amore vero – quello con le rughe, con i silenzi, con i giorni storti – non è liquido: è denso, complesso, a volte scomodo. Pauroso.
Non è quello da post felice su Instagram, da caption perfetta, da prime settimane in cui tutto fila liscio e nessuno russa.
È quello che rimane quando l’entusiasmo smette di brillare, quando l’altro ti delude, quando si litiga per cavolate e poi si resta lì, a scegliere comunque. È quello in cui ogni giorno si sceglie di restare.
È quello che non ti chiede di essere sempre brillante, sempre leggero, sempre in forma.
Ti guarda anche quando sei spenta. Ti resta accanto anche quando sei insopportabile. Ti chiama per nome, non per ruolo. Perché sei una persona, non un oggetto da consumare, non un farmaco pronto a lenire i propri malesseri.
È un amore che inciampa, si sporca, si arrabbia, ma resta comunque.
Un amore che conosce i silenzi e non scappa da essi. Che non vive di frasi giuste, ma di gesti veri.
Che ha paura, sì, ma non si lascia guidare da essa.
Non è comodo. Non è immediato.
Non è quello che ti risolve la vita. Ma è quello che ci sta dentro con te, mentre la vita ti scombina.
E se oggi sembra così raro non è perché non esiste più.
È che chiede pazienza, imperfezione, esposizione. Appunto, richiede di essere vulnerabili.
E noi, abituati a togliere dai follower di Instagram al primo segnale di errore, non sempre sappiamo riconoscerlo. Non sempre siamo pronti a mettere da parte il nostro lato narcisistico per fare spazio a qualcosa di così immenso e allo stesso tempo destabilizzante.
E tu, che stai leggendo proprio adesso, dove ti trovi in questo oceano relazionale?
Sei uno di quelli che cavalcano l’amore liquido con l’agilità di un surfista australiano, sempre in equilibrio ma mai davvero coinvolto?
Oppure credi ancora nei legami veri, ma ogni volta che ci provi finisci solo con una playlist malinconica in sottofondo?
O magari stai solo cercando qualcuno che resti, anche dopo averti visto senza difese e con una gastroenterite acuta ?
In qualunque punto ti trovi in questo oceano sentimentale, ricordati una cosa: amare davvero è un atto rivoluzionario.
E in un mondo dove i partner si cambiano come le immagini del profilo, forse chi resta è davvero punk. Altro che anarchia relazionale.
L’amore è l’unica risposta sana e soddisfacente al problema dell’esistenza umana. Ma l’amore, per essere tale, deve essere costruito, curato, voluto. Non scorre da solo: si trattiene, si protegge, si sceglie
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